Alberto Cellotto
Traviso
Cellotto, infatti, sa quanto l’arte richieda una dose di costrizione per dispiegare la propria libertà (verità disgustosamente banale, sovente ossequiata, non sempre messa in pratica), e si è dato anzitutto una misura, regolare ma non rigida, che informa tutti i componimenti. Non vige un isosillabismo rigoroso, ma in ogni poesia a sei versi (più) lunghi ne segue uno (più) breve, in rima obbligatoria col primo; la rima è facoltativamente ripresa dagli altri versi, spesso al mezzo, o imperfetta. Chi si soffermi ad analizzare e a smontare il congegno di ogni singolo componimento, poi, vedrà con quanta duttilità e finezza l’autore sappia impiegare le figure di suono (rime, assonanze, consonanze, allitterazioni, fino a saussuriani anagrammi), che non si limitano a ricalcare le figure di senso, o farvi da contrappunto, ma volentieri le creano. (Roberto Batisti, dal sito Poetarum Silva)
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